giovedì 5 giugno 2014

Hashtag e il grande fratello

Oggi parliamo di fantascienza, in particolar modo della distopia.
Ma che roba è?
Per dirla semplice è l'esatto contrario dell'utopia. Tutti sapete cosa sia no? Il migliore dei mondi e dei governi possibili: ecco se al posto di migliore mettere peggiore, ci avviciniamo al nocciolo. Se volete un esempio classico ecco 1984, di George Orwell (se vogliamo tirarla un po' per mi capelli, anche La fattoria degli animali).


Secondo Wikipedia:
Per distopia (o antiutopia, pseudo-utopia, utopia negativa o cacotopia) s'intende una società indesiderabile sotto tutti i punti di vista. Il termine, da pronunciarsi "distopìa", è stato coniato come contrario di utopia ed è soprattutto utilizzato in riferimento alla rappresentazione di una società fittizia (spesso ambientata in un futuro prossimo) nella quale le tendenze sociali sono portate a estremi apocalittici.
Secondo l'Oxford English Dictionary[1], il termine fu coniato nel 1868 dal filosofoJohn Stuart Mill[2], che si serviva allo stesso tempo anche di un sinonimo coniato da Jeremy Bentham nel 1818, cacotopìa.[3] Entrambe le parole si basano sul termine utopìa, inteso come il luogo dove tutto è come dovrebbe essere. Distopia è quindi l'esatto opposto, cioè un luogo del tutto spiacevole e indesiderabile. Spesso la differenza tra utopìa e distopìa dipende dal punto di vista dell'autore dell'opera. I testi distopici appaiono come opere di avvertimento, o satire, che mostrano le tendenze attuali estrapolate sino a conclusioni apocalittiche. La differenza con l'utopìa sta quindi nel fatto che la distopia si basa su una società attuale, spostando però l'interesse su un'epoca e un luogo distanti o successivi a una discontinuità storica.

Alessandro Girola ne ha parlato ieri sul suo blog, a proposito di Distopie Impure, il concorso dedicato appunto a questo argomento e al quale ho partecipato anche io, col racconto I Cieli sono Blu. Purtroppo il concorso è stato annullato perché in molti non erano riusciti a creare ambientazioni distopiche forse per scarso impegno, talento, distrazione o, in alcuni casi, dolo, con l'invio di racconti già scritti ma che non rispettavano i canoni del concorso. 

Mi dispiace, sia per Alessandro che lo ha organizzato, che per i giurati. E dispiace anche a me, visto che il mio racconto, insieme ad altri tre era tra i papabili per finire nell'antologia, solo che ne mancavano altri 6 decenti e, per non fare un accrocchio, è stato giustamente deciso di non farne più niente.
Ma l'hashtag?
Intanto ecco la definizione, sempre da wikipedia, che vi potete leggere segendo il link. 
Beh, ho pensato che in 1984 ci viene raccontato che vengono stampati vocabolari che contegono, edizione dopo edizione, sempre meno parole, per rendere fisicamente impossibile avere termini per esprimere dissenso. 
Mentre ero in auto ho pensato al diffondersi del cancelletto, l'hashtag per l'appunto, che sui social network viene sempre più usato per esprimere in poche parole dei concetti anche più complessi. In questo passaggio ho rivisto la stessa pratica vista nel libro di Orwell, che secondo me aveva dei geni in comune con Michel De Notredame.

Del resto sono in molti a vedere la moderna società occidentale come una distopia, con progresso tecnologico e ricchezze per pochi e sporco, tecnologie arcaiche e povertà per tutti gli altri. Il tutto tenuto insieme da adeguati supporti di controllo e contenimento, come mass media immersivi e cose come il famoso hashtag. 
Forse leggo troppi romanzi di Aldous Huxley?
Chissà...

4 commenti:

  1. Beh, credo che siamo d'accordo sul fatto che viviamo una distopia tecnocratica. Forse è per questo che immaginare distopie credibili è un po' difficile.

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    1. Interessante punto di vista, in effetti un batterio in una coltura non sa di vivere sopra un vetrino. ;)

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  2. Penso che Huxley sia la lettura giusta. Io non ho mai letto Il mondo nuovo, ma chi è più informato di me (Cory Doctorow, per citarne uno) sostiene che, anziché avvicinarci al mondo di 1984, sembra proprio essere quella dipinta da Huxley la distopia più vicina alla nostra porzione di realtà.

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    1. Di huxley ho un'edizione che contiene "Il mondo nuovo" e "Ritorno al mondo nuovo". che mi aspetta sullo scaffale da Natale. Non vedo l'ora di leggerlo! :)

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