lunedì 16 giugno 2014

I cieli sono blu - Ebook distopico


I cieli sono blu di Massimo Mazzoni
COPERTINA: Massimo Mazzoni
EDITING: Alexsej Stakanov
48 pagine, 0,99 Euro


SINOSSI - Nessuno si è accorto del cielo? Come mai è così... strano?
Queste sono le domande che Eric Newman, impiegato quietamente sposato con Lucia, si fa una normale mattina invernale, prima di andare al lavoro.
E perché quegli incubi, con tutti quei disperati che fuggivano, terrorizzati? E questa strana paura che gli rimane addosso, anche di giorno?
Nessuno si accorge di niente, tutti presi nelle loro incombenze quotidiane.
Eppure che sarà mai? È solo un cielo blu e senza nuvole... o forse no?

PRESENTAZIONE -  Pochi giorni fa vi ho parlato in questo post dell'annullamento del concorso Distopie Impure, organizzato da Alessandro Girola sul blog Plutonia Experiment. Quello che non vi ho detto è che ho deciso di pubblicare I cieli sono blu, cioè il racconto con il quale avevo partecipato al concorso, su Amazon. 
Tra l'altro il mio e altri tre racconti sarebbero stati raccolti nell'antologia con le storie migliori, oltre che con quella vincitrice. Ma come sapete purtroppo non sono giunti il numero minimo (10) di racconti papabili, e in linea con l'ambientazione, per poter pubblicare un prodotto di qualità.
In ogni modo era destino che I cieli sono blu vedesse la luce e quindi...
In poco più di quaranta pagine avrete una storia con gli elementi classici del genere: un sistema politico repressivo, un movimento "ribelle", uno scienziato machiavellico, polizia segreta, complotti. 
Per la trama mi sono avvalso di un modello collaudato, basato su "Il viaggio dell'Eroe", saggio di Christopher Vogler in cui viene delineata la struttura del Mito nella letteratura e nel cinema contemporaneo.
Questa struttura, che sembra risalire all'inconscio del genere umano, (qualcuno ha pensato a quello collettivo, di un certo Jung, vero?) si articola in dodici tappe che sono percorse, in infinite varianti, in tutte le storie raccontate dall'uomo, sin da quando è stato capace di farlo, anche in forma orale. In questo schema i personaggi assolvono a delle funzioni di base che rimangono sempre più o meno immutate: come l'Eroe, il Mentore, il Guardiano della Soglia etc.
Ho voluto provare anche io questo modello e vi invito a ritrovare nel racconto le tappe e le funzioni dei personaggi, se volete.

Buona lettura e tenete d'occhio il cielo, non si sa mai!

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giovedì 5 giugno 2014

Hashtag e il grande fratello

Oggi parliamo di fantascienza, in particolar modo della distopia.
Ma che roba è?
Per dirla semplice è l'esatto contrario dell'utopia. Tutti sapete cosa sia no? Il migliore dei mondi e dei governi possibili: ecco se al posto di migliore mettere peggiore, ci avviciniamo al nocciolo. Se volete un esempio classico ecco 1984, di George Orwell (se vogliamo tirarla un po' per mi capelli, anche La fattoria degli animali).


Secondo Wikipedia:
Per distopia (o antiutopia, pseudo-utopia, utopia negativa o cacotopia) s'intende una società indesiderabile sotto tutti i punti di vista. Il termine, da pronunciarsi "distopìa", è stato coniato come contrario di utopia ed è soprattutto utilizzato in riferimento alla rappresentazione di una società fittizia (spesso ambientata in un futuro prossimo) nella quale le tendenze sociali sono portate a estremi apocalittici.
Secondo l'Oxford English Dictionary[1], il termine fu coniato nel 1868 dal filosofoJohn Stuart Mill[2], che si serviva allo stesso tempo anche di un sinonimo coniato da Jeremy Bentham nel 1818, cacotopìa.[3] Entrambe le parole si basano sul termine utopìa, inteso come il luogo dove tutto è come dovrebbe essere. Distopia è quindi l'esatto opposto, cioè un luogo del tutto spiacevole e indesiderabile. Spesso la differenza tra utopìa e distopìa dipende dal punto di vista dell'autore dell'opera. I testi distopici appaiono come opere di avvertimento, o satire, che mostrano le tendenze attuali estrapolate sino a conclusioni apocalittiche. La differenza con l'utopìa sta quindi nel fatto che la distopia si basa su una società attuale, spostando però l'interesse su un'epoca e un luogo distanti o successivi a una discontinuità storica.

Alessandro Girola ne ha parlato ieri sul suo blog, a proposito di Distopie Impure, il concorso dedicato appunto a questo argomento e al quale ho partecipato anche io, col racconto I Cieli sono Blu. Purtroppo il concorso è stato annullato perché in molti non erano riusciti a creare ambientazioni distopiche forse per scarso impegno, talento, distrazione o, in alcuni casi, dolo, con l'invio di racconti già scritti ma che non rispettavano i canoni del concorso. 

Mi dispiace, sia per Alessandro che lo ha organizzato, che per i giurati. E dispiace anche a me, visto che il mio racconto, insieme ad altri tre era tra i papabili per finire nell'antologia, solo che ne mancavano altri 6 decenti e, per non fare un accrocchio, è stato giustamente deciso di non farne più niente.
Ma l'hashtag?
Intanto ecco la definizione, sempre da wikipedia, che vi potete leggere segendo il link. 
Beh, ho pensato che in 1984 ci viene raccontato che vengono stampati vocabolari che contegono, edizione dopo edizione, sempre meno parole, per rendere fisicamente impossibile avere termini per esprimere dissenso. 
Mentre ero in auto ho pensato al diffondersi del cancelletto, l'hashtag per l'appunto, che sui social network viene sempre più usato per esprimere in poche parole dei concetti anche più complessi. In questo passaggio ho rivisto la stessa pratica vista nel libro di Orwell, che secondo me aveva dei geni in comune con Michel De Notredame.

Del resto sono in molti a vedere la moderna società occidentale come una distopia, con progresso tecnologico e ricchezze per pochi e sporco, tecnologie arcaiche e povertà per tutti gli altri. Il tutto tenuto insieme da adeguati supporti di controllo e contenimento, come mass media immersivi e cose come il famoso hashtag. 
Forse leggo troppi romanzi di Aldous Huxley?
Chissà...

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