mercoledì 30 novembre 2011

L'Italia del Risorgimento di Tenebra - Giustizia

 3 - GIUSTIZIA

 

Casalnuovo, 30 Giugno 1857




- Non sono molti, ma rispetto a ieri non c’è paragone…
Nicotera si sistemò meglio la tracolla del moschetto, che lasciava un segno sudato sulla camicia sporca di terra.
- Oggi andrà meglio, le vedi le donne come sorridono?
- Eh eh eh, quale parte di te sta parlando Falcone? La testa no di certo! – rispose parlando sottovoce.
La fila di uomini armati si riscosse, come percorsa da un’onda.
Pisacane avanzava con passo calmo verso il centro della piazzetta polverosa.
Era mattino presto ma cominciava già a fare abbastanza caldo.
Una piccola folla di contadini, anziani, bambini e donne si stava riversando dai tre viottoli acciottolati che conducevano al piccolo spiazzo.
Colpi di tosse, sassi smossi e passi strascicati.
Il comandante della spedizione dette un’ultima occhiata ad un foglio ripiegato più volte. Quindi osservò la prima fila dei suoi uomini, poi si voltò verso i paesani che continuavano a prendere posto, alcuni sedendosi sui rami di due grossi fichi che delimitavano un lato della piazzetta.
- Speriamo bene… - disse Nicotera passandosi il moschetto sull’altra spalla.

Mentre Pisacane parlava di Patria, Libertà e Repubblica, Nicotera notò che erano spuntati tra le mani di un paio di paesani dei fazzoletti tricolori.
Quando il discorso toccò alcune pratiche di Ferdinando di Borbone come le tasse, si levarono alcune grida di assenso e un paio di applausi presto spenti dal brusio di chi voleva continuare ad ascoltare.
Lo spazio tra i luogotenenti di Pisacane e gli abitanti di Casalnuovo si era gradualmente ridotto ad un passo, mentre i nuovi arrivati spingevano gli altri avanti.
Nel finale del proclama la voce dell’oratore si fece più tesa ed il volume più alto, per sovrastare il rumoreggiare della folla.
- Viva l’Italia, Viva la Repubblica! – urlò infine.
Un attimo di silenzio, rotto solo da una cicala che iniziava il suo canto ritmato.
Poi circa duecento gole urlarono insieme e i due schieramenti si mescolarono tra loro festosi.
Un vecchio con la barba gialla strinse entrambe le mani di Nicotera, che rispose vigoroso alla stretta di quelle mani nodose.
Labbra di donne si posarono fugaci sulle guance e la fronte di Falcone, che, con le gote rosse, cercava di darsi un contegno.
- Al ladro! Al ladro!
Dapprima Nicotera nella confusione non capì cosa la donna cercasse di dirle.
- Al forno presto!
Il petto della donna saliva e scendeva frenetico, trattenuto a stento dal corpetto sporco di farina.
- Si calmi, che cosa è successo? – disse conducendola lontano dalla ressa.
- Al forno, uno dei vostri è entrato per rubarmi il pane e mio marito ha cercato di fermarlo…
- Falcone con me! – e prese per un braccio il ragazzo.
Si allontanarono dalla piazzetta in festa, si udirono vibrare delle corde di una chitarra.

- Lo conosci Nicotera?
- Non ne sono sicuro, mi pare uno di quelli di Ponza!
- Eusebio!
L’uomo aveva le mani sporche di sangue.
- Giuseppe! – era la fornaia.
- Falcone, tienila fuori! – disse Nicotera chiudendosi dentro alla casupola.
- Eusebio! – mise avanti il moschetto carico, la baionetta innestata.
L’altro non sembrava sentirlo, stava in mezzo alla stanza dal pavimento in terra battuta, a terra, nella polvere, una decina di pani calpestati.
Sul bancone una pozza di sangue fresco si allargava impregnando la farina.
- Eusebio che hai fatto? – si avvicinò e incrociò il suo sguardo iniettato di sangue.
Un grugnito e l’uomo parve vedere Nicotera per la prima volta.
La paura gli fece alzare la baionetta fino a frapporla tra sé e quel torace sbrodolato di sangue.
- S…sei in arresto Eusebio!
L’uomo ciondolava sul posto, come se dormisse, poi si lanciò sbavando spuma rosa verso Nicotera.
Un colpo di moschetto esplose e lo trapassò in pieno petto.

La sentenza della condanna a morte fu letta dallo stesso Pisacane ed eseguita il giorno stesso sulla piazzetta quasi deserta.
Servirono quattro uomini per appenderlo al cappio che pendeva da uno dei fichi e una baionetta per staccargli la testa.
Giustizia era fatta.

giovedì 24 novembre 2011

L'Italia del Risorgimento di Tenebra - Galeotti

2 - Galeotti

Ponza, 28 Giugno 1857




- Quanti sono in tutto, Nicotera?
L’uomo ripassò con lo sguardo il foglio spiegazzato e macchiato di rosso.
- Circa trecentoventitré, Capitano.
- Le loro qualifiche?
- Per lo più detenuti comuni e qualche anti-borbonico…
- Non essere abbattuto, sul campo si faranno valere!
- E’ probabile che con un’arma se la sappiano cavare, non ne dubito, visto dove erano rinchiusi, ma dobbiamo vigilare…
- Va bene, tienili d’occhio allora.
Una giovane donna, con un vestito giallo chiaro e una pezzola azzurra in testa, attraversò il ponte ridendo, inseguita da due ragazzi in camiciola.
- Anche le donne, mi raccomando, non voglio distrazioni!
- E’ tutto? Possiamo salpare?
Pisacane lo congedò con un gesto della mano, mentre tornava a studiare la cartina che teneva appoggiata sopra ad una cassa di polvere nera.
Nicotera si avviò deciso verso il terzetto di giovani, che adesso sostava alla base della ciminiera.
- Giuseppina! Ricomponiti!
Prese uno dei due ragazzi per la collottola e lo allontanò dalla ragazza: - Voi due ve ne andate subito sottocoperta a riempire la caldaia! E lei torna in cabina con le altre donne!
- Ma Giovanni noi…
- Io per voi sono il Signor Nicotera!
Quindi mise le mani a coppa, attorno alla bocca e urlò:
- Levate l’ancora, si salpa!
Il Cagliari prese lentamente il largo, lasciandosi alle spalle l’isola di Ponza.
- Visto che le armi c’erano?
Falcone finì di sistemare i fucili ad avancarica nelle casse di legno.
- Avevi ragione, mai dubitare della parola di Nicotera!
- Adesso siamo un vero corpo di spedizione, anche se quelli là ci daranno problemi. – disse accennando ad un gruppo di dieci tipi con la barba ispida e le camicie rattoppate, che giocavano a dadi in un angolo del ponte.
- Forse non li dovevamo liberare, sono tipi strani, hai visto in quella cella?
Una ruga di preoccupazione si formò sulla fronte di Nicotera: - Già…
- Cosa pensi che ci facessero, un qualche tipo di rituale?
- Non saprei, sembrava un altarino, con tutte quelle candele e poi c’era anche una statua di una Madonna nera.
- Già…e quelle ciotole piene di sangue secco?
- A proposito di sangue, mi dispiace sia toccato a te il compito di seppellire i morti.
Falcone allargò le braccia magre.
- Per me va bene, basta che non sia io a finire nella fossa.
Un scoppio di urla e risate sguaiate li fece voltare verso i giocatori di dadi, sudati sotto il sole che si alzava in cielo.
- E’ stato un lavoraccio sì, ma per colpa di quello là col braccio tatuato.
- Perché?
- Non voleva che li seppellissi così come erano…
- Niente bara?
- No Nicotera, niente testa, la dovevo tagliare, ma ti rendi conto?
- Dio mio… Pisacane mi ha appena ordinato di controllarli, se noti qualcos’altro di strano fammelo sapere subito, dobbiamo stroncare sul nascere simili intemperanze!
- Agli ordini!
- Sarà dura comandarli, peggio di quanto mi immaginassi!
Nicotera scrutò per un minuto abbondante la costa dell’isola di Ponza che si allontanava.
- Falcone, hai finito con le armi?
Il ragazzo stava sistemando un grosso telo incerato sopra le casse.
- Sì.
- Bene, allora vai a dire a quei due inglesi che correggano la rotta, se ci vogliono portare a Sapri prima di finire tutto il carbone.

La baia di Sapri li attendeva silenziosa, solo alcune lucerne, altalenanti per la brezza, indicavano la presenza del centro abitato, per il resto avvolto nella notte.
Il comandante della spedizione armeggiò con la tasca interna della giacca per estrarne una mappa ripiegata più volte.
- Fatemi luce!
Un braccio peloso gli porse un lume ad olio.
- Non attraccheremo nella baia, punteremo sulla spiaggia di Vibonati
- Vibonati, off course!
- Bravo inglese! – disse una voce catarrosa, mentre un paio di mani si abbattevano sulle spalle del bisonte tutto sporco di fuliggine.
Il macchinista abbozzò un sorriso luminoso nella notte e corse sotto coperta per manovrare il Cagliari.


CONTINUA


1 - L'isola di Ponza 
  
INDICE GENERALE

sabato 19 novembre 2011

L'Italia del Risorgimento di Tenebra - L'isola di Ponza

Eccomi qua, inizio oggi il mio primo racconto-blog o blog novel, che dir si voglia, ispirato ad un delirio nato alla fine di Ottobre sulle pagine facebook di Moon Base, il ricovero dei patiti della fantascienza e del cazzeggio senza fini di lucro. 
"Se siete appassionati di fantascienza, amanti di serie televisive di culto come Star Trek, Galactica, Visitors, etc..., e volete interpretare il vostro personaggio preferito, questo è il posto giusto per cazzeggiare alla grande."  
Questa è la descrizione della pagina , scritta dal suo curatore, penso il buon Hell Greco.
In questo mio post vi avevo parlato, in tono scherzoso della faccenda, nota col nome L'Italia del Risorgimento di Tenebra, che adesso è diventata una faccenda abbastanza seria.
In attesa di vedere gli eroi risorgimentali degli altri blogger che hanno aderito a questa iniziativa spontanea, alle prese con  vampiri, zombie, licantropi, mummie, ecco il mio contributo a Carlo Pisacane e alla sua fallita spedizione a Sapri.
Il tutto in 666 parole, perchè la somma di 666 fa 18, che è la sufficienza nella votazione in trentesimi, quella che spero di raggiungere con il racconto.
Non ho scelto però il punto di vista del famoso patriota,  ma quello di Giovanni Nicotera, uno dei pochi sopravvissuti al massacro.
Lascio spazio alla prima puntata della blog novel, sperando di darle una cadenza quasi settimanale. Commenti, come sempre, ben accetti.

Max


A Moon Base Delirium Productions


1 - L'isola di Ponza

 

Ponza, 26 Giugno 1857



La prua del piroscafo si alzava e si abbassava, tagliando la superficie dell’acqua salata con un fruscio ritmato.
Giovanni si voltò a poppa e osservò la canna fumaria d’acciaio, che usciva dritta dal ventre di legno del battello: la scia di fumo nero che usciva dalla sommità portò il suo sguardo verso il pennone di poppa, dove sventolava un tricolore appena cucito.
- Nicotera!
- Dimmi Falcone! – disse Giovanni voltandosi verso il ragazzo di circa vent’anni.
- Pensi che ce la faremo?
Stringeva il suo fucile ad avancarica così forte che le nocche erano bianche.
Giovanni si passò una mano tra la barba ben curata: - L’hai sottoscritta la dichiarazione ieri, no?
- Sì.
- Dunque di che ti preoccupi? Ricordi? “Se il paese non risponderà al nostro appello, non senza maledirlo, sapremo morire da forti.” Queste sono le parole di Pisacane, vuoi forse rinnegarle?
- No, no è che spererei che non accadesse…- disse appoggiandosi alla balaustra della prua.
- E poi non abbiamo le armi… - la testa gli era arrivata all’altezza delle spalle. – e Pilo non sì è ancora fatto vivo…Speriamo non abbia trovato un’altra tempesta.
Una mano si appoggiò sulla camicia incrostata di sale di Falcone: - Dai che forse laggiù ne troviamo!
Nicotera indicava un grande edificio di pietra di quattro o cinque piani, con due torrioni tarchiati e mura massicce con poche, piccole feritoie per finestre.
- Che cosa è, un forte?
- E’ il bagno penale dell’isola di Ponza.
- E là troveremo dei fucili?
- É probabile, se ci sono delle guardie saranno armate no?
Un leggero sorriso apparve sotto ai baffetti fini di Falcone.

Nicotera saltò giù dalla scialuppa e si ritrovò con l’acqua alle ginocchia. Tenendo il fucile ben alto per non bagnare la polvere, si fece strada nell’acqua bassa fino alla spiaggia.
- State bassi! Nicotera da questa parte!
Il comandante del drappello di venti uomini si era addossato dietro ad un muretto di pietra, il fucile a pietra focaia tra le ginocchia.
- Dica, Capitano!
L’altro uomo, sulla quarantina, aveva uno sguardo placido mentre diceva: - Dobbiamo prendere quelle due case di pescatori oltre la spiaggia, da laggiù potremo controllare la strada che va al bagno penale.
- Va bene io e Falcone andiamo per primi!
- Noi vi copriamo!
Nicotera percorse di corsa l’ultimo tratto di sabbia asciutta prima della rimessa delle barche, quindi si sporse oltre una chiglia rovesciata.
A parte il puzzo di pesce non c’era nulla di interessante, né alcuna folla festante.
Poi vide un tabernacolo costruito con sassi sovrapposti, imbrattato di fango rossastro, con alcune ossa bruciacchiate.
- Cosa vede Nicotera?
- Niente andiamo!
In pochi minuti le due case furono occupate: i pochi abitanti guardavano i nuovi venuti con un misto di curiosità, divertimento e stupore.
- E così siete sbarcati per far la guerra al Re Bomba? – chiese un ometto con la schiena storta e il viso bruciato dal sole.
- Sì siamo rivoluzionari! – rispose Falcone, che aveva ritrovato l’entusiasmo.
- Quante guardie borboniche ci sono, al bagno penale?
L’altro si toccò il berretto unto che aveva ficcato sopra ai pochi capelli giallicci.
- Voi siete pazzi, vi faranno a pezzi! – aggiunse sorridendo senza denti.
- Ma noi siamo armati e ci batteremo fino alla morte! – disse ancora Falcone, facendosi avanti.
L’ometto li guardò come fossero bambini ingenui: - I fucili non vi serviranno a niente con loro.
Non sorrideva più.
- Andiamo Falcone, non lo ascoltare, dobbiamo appostarci! – poi si rivolse ad altri due ragazzi della spedizione, che aspettavano fuori: - Voi andate nell’altra casa e cercate un buon posto di osservazione dal piano di sopra!
- Tornate da dove siete venuti, è meglio.
Era ancora il vecchio.
- Ci lasci fare il nostro dovere in pace! – disse Nicotera, seguendo Falcone che si arrampicava su una scaletta di legno consumata.
- Non vi dovreste preoccupare dei soldati…- mormorò il vecchio, prima di tornare a sedersi fuori, accanto alla porta della propria casupola.


CONTINUA


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