venerdì 10 febbraio 2012

Giornata a tesi

Come già accennato nell'ultimo post, ieri mi sono laureato con lode alla Facoltà di Scienze della Formazione, corso di Educatore Professionale.
E chissene, direbbe più di uno. 
Questa intro è qui solo per dovere di cronaca e per un ascesso purulento di autostima ed ego ipertrofico. Vi vorrei solo raccontare un po' di deliri extra accademici di quella fredda giornata a Firenze.
In tarda mattinata, con la famiglia al completo, partiamo in direzione della stazioncina delle fs che ci porterà a Pisa e di qui a Firenze.
Appena saliti sul piccolo treno diesel di tre carrozze ci accoglie un controllore che assomigliava in modo impressionante a questo tipo qua sotto: indossava la normale divisa blu scuro con rifiniture rosse e verdi e fin qui niente di male.
George Romero: se non sapete chi è, via da questo blog!

Il fatto curioso è stato però che è uscito dalla cabina di guida impugnando un grosso martello di metallo rosso, di quelli che si usano per rompere i vetri in caso di incidenti al treno. Aveva una faccia seria e si batteva con soddisfazione la punta acuminata dell'arma sul palmo della mano, mentre si avvicinava risoluto verso i nostri posti.
Mi sarei aspettato che prendesse a martellate le dita di un viaggiatore sprovvisto di biglietto, maciullandogli una falange per ogni kilometro abusivamente percorso.
Come inizio di giornata non potevo aspettarmi niente di meglio.
A Firenze ci siamo concessi un pranzetto veloce prima della discussione.
"Andiamo al cinese è vicino alla Facoltà e poi ti servono in fretta!" Ho detto.
"Va bene, un piatto di riso alla cantonese e basta sennò ti prende l'abbiocco*" ha aggiunto Laura.
Oltre al riso ho aggiunto involtini primavera e per concludere manzo e cipolle alla piastra.
Il cibo era ottimo ed il ristorante frequentato da uomini d'affari e impiegati in pausa pranzo, tutti rigorosamente cinesi. Anche qui mi aspettatavo un duello tra commensali a colpi di bacchette a wan tan, volteggiando di tavolo in tavolo, appendendosi alle lanterne rosse, oppure un enorme cuoco con baffi a spiovente che rincorre un cliente troppo esigente con una mannaia luccicante. Il cibo era ottimo, il locale pulito, ben arredato e caldo, che non faceva affatto male, visto il freddo polare.

La sonnolenza non si è fatta molto sentire ma la cipolla invece ha fatto il suo dovere, decidendo di mostrarsi durante l'esposizione della domanda del correlatore, costringendomi ad un educato colpo di tosse, devo dire ben riuscito, per paludare l'eccesso di pressione.
Passata la botta di emozione, gli applausi, le lacrime delle persone care, specialmente di quelle che piangono di rado, il brindisi, verso l'ora di cena ci guadagniamo la via del ritorno a casa, sempre ospiti di Trenitalia.
Partenza con dieci minuti di ritardo e poi telefonate di amici e conoscenti vari.
A pochi chilometri da casa, ad una stazione intermedia, sale un tipo che si mette a vociare al cellulare in una lingua oscura. Poi continua a urlare anche quando spenge il telefono. Passa una decina di minuti ed inizia a ripetere ossessivamente una parola, sempre più forte.
Mi volto un attimo e lui mi nota: errore.
Si avvicina.
Mi parla e stranamente riconosco la lingua: è un ragazzo sordo-muto e tenta di comunicare  pronunciando ogni sillaba delle parole staccata dalle altre. Da quando ho fatto il tirocinio in una struttura per diversabili ho imparato quel difficile modo di parlare.
Ha visto la corona di alloro ed edera che ancora indosso sopra alla papalina di lana e mi fa gli auguri porgendomi una mano; io lo ringrazio e gliela stringo.
Poi mi mostra un foglietto con una classica storia tragica, non so quanto veritiera. Allora mio padre gli allunga un euro e lui se ne va soddisfatto, salutandoci e augurandoci ogni bene.
Sul regionale che prendiamo a Pisa per tornare a casa, troviamo un altro controllore che, con accento partenopeo ci delizia tutti con aneddoti e battute che fanno impazzire la comitiva di quattro giapponesi, padre, madre e due figlie sulla trentina.
Per finire il treno si blocca in mezzo ai campi a una cinquantina di metri dalla stazione, dopo pochi minuti ripartiamo ed  il controllore di prima, scendendo sulla banchina, ci dice:
"Eh abbiamo investito una gallina!"
Lo salutiamo divertiti e ci avviamo al parcheggio, con il vento ghiaccio che si infila tra la sciarpa e il cappello.


* Espressione toscana per stato di sonnolenza acuto.

6 commenti:

  1. Di nuovo congratulazioni :-) Comunque sei coraggioso e fortunato se dopo tutto quello che hai mangiato, ti sei limitato a dover mascherare un "eccesso di pressione". Io oltre ad abbioccarmi (termine che usiamo anche in Emilia), avrei dovuto tossire un centinaio di volte :-D

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  2. Eh eh grazie di nuovo Marco. E' stata solo fortuna! Ho rischiato di mostrare la mia perplessità ad una domanda incomprensibile....

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  3. Che epopea! :)

    Rinnovo le congratulazioni e sottolineo che "abbiocco" lo usiamo pure qui!

    Ciao,
    Gianluca

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    1. Grazie Gianluca, non sapevo che abbiocco fosse così internazionale!!!

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