Come promesso, ecco la seconda parte del racconto che ha partecipato al concorso 3 narratori, organizzato dal blog Argonauta Xeno. Domenica posterò la conclusione, che trovate QUI, mentre QUI trovate la prima parte.
Buona lettura!
INDIFFERENZA
seconda parte
«Sei
sempre esistito?»
«Penso
di no, anzi son sicuro che prima di me c'era qualcun altro e prima
ancora lo stesso. Ci siamo sempre occupati di voi.
Tu insegni, la conosci la Storia, no?»
Giovanni
si agitò, le lenzuola zozze frusciarono furiosamente.
«Sai
anche che cosa faccio di lavoro?»
«Io
so molte cose su di te e su molta altra gente, tra l'altro.»
«Sei
un demone, allora!»
L'altro
rise, facendo sussultare la mascherina.
«I
demoni appaiono ai matti e tu non lo sei, anche se ti hanno messo qui
dentro.»
«Ma
forse sto ammattendo davvero, è per questo che ora sei qui.»
«Non
è detto che chi osserva certe cose sia pazzo, magari ci vede un po'
meglio degli altri.»
«Già,
io lo dicevo sempre a quelli, giù in paese. Ma io ero sempre quello
strano, quello che dava mille problemi a tutti, al Sindaco, ai
Carabinieri...»
L'altro
schioccò le dita.
«Trovato!
So come mi puoi chiamare.»
Si
mise una mano sul petto, avvolto nel camice sgualcito.
«Puoi
chiamarmi Indifferenza!»
«Ah,
la condizione di non scegliere mai nulla, come Don Giovanni. Seduceva
molte donne ma non ne ha mai amata una, perché una o l'altra gli
erano indifferenti.»
«Dunque
ci vuole un altro nome.»
«No,
credo di aver capito, Indifferenza ti calca a pennello, tu ti nutri
di quella, no?»
«Bravo,
te lo avevo detto che non eri stupido!»
«Di
me non frega niente a nessuno, ecco perché sono qui.»
«Hai
ragione solo in parte Giovanni, fuori da qui hai persone che ti
aspettano.»
«Dunque
tornerò da mia figlia, non morirò qui?»
L'altro
abbassò il capo e non rispose.
«Allora
sono davvero spacciato...»
«Dai,
non vuoi sapere quale è stato il mio momento di splendore?»
«Adesso?»
«No,
anche se in effetti negli ultimi due anni mi sono abbastanza
rimpinzato. È successo quasi
cento anni fa, dopo un brutto periodo di crisi, come questo di
adesso, in effetti. La gente pensava solo ai fatti propri e lasciava
che ad occuparsi delle cose fossero altri, più decisi e arrabbiati
di loro.»
«Parli
della Seconda Guerra mondiale.»
«L'avete
chiamata così? Beh in effetti è un nome abbastanza terribile e
coerente. Comunque sì, in quegli anni me la sono proprio spassata e
non solo io eh, anche i miei colleghi si facevano certe
scorpacciate!»
«Chi,
i Cavalieri dell'Apocalisse?»
«Ma
siete proprio bravi coi nomi, e come li avete chiamati?»
«Pestilenza,
Carestia, Guerra e Morte.»
«Già,
ma comunque nel tempo non son mancate altre occasioni, voi uomini
siete la nostra salvezza.»
«Ma
voi non siete la nostra! Sei un mostro, tu e gli altri!» disse,
dibattendosi sul letto, che si inclinò pericolosamente, sul punto di
ribaltarsi.
Due
infermieri accorsero, presero un'altra lettiga e la misero a
contrasto con quella di Giovanni, che farfugliava e boccheggiava,
ignorato.
Indifferenza
li additò entrambi e fece il gesto del pollice alzato.
Aspettò
che se ne fossero andati per dire: «Vedi? Funziona così, ad ogni
atto della loro indifferenza io ci guadagno qualcosa.»
«Avevo
capito.» rispose Giovanni, immobile.
Passarono
alcuni minuti, da una finestra con le sbarre un refolo di aria fresca
si insinuò nel corridoio afoso.
«Sai
una cosa, demone?»
«Sì?»
«In
vita mia mi son sempre battuto contro l'indifferenza, la
superficialità. Ho spesso odiato chi, ignorante, decide di
rimanerlo, magari con orgoglio.»
«Per
questo sei un insegnante.»
«Già,
spero di aver insinuato il dubbio nella roccaforte di grettezza di
molte famiglie.»
Una
specie di accesso di tosse, che terminò in una risata.
FINE SECONDA PARTE
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