domenica 4 dicembre 2011

L'Italia del Risorgimento di Tenebra - La setta

4 - LA SETTA


Padula, 30 Giugno 1857 



Il mulo percorreva il viottolo dondolando a destra e a sinistra, i fianchi legati a casse di polvere e proiettili di piombo.
Cominciava a fare buio.
- Vado a preparare le torce? - chiese Falcone, che camminava al fianco di Nicotera.
Non parlavano da almeno un paio d’ore.
- Aspetta, non deve mancare molto.
Il giovane annuì, poi lo guardò per alcuni istanti.
- Dimmi Falcone...
- Abbiamo fatto bene con l’impiccagione?
Un brivido freddo si insinuò tra le scapole sudate.
- Lo sai sono un avvocato, penso che chiunque meriti un processo, anche un  guitto come quell’Eusebio.
- Quindi non sei d’accordo!
Nicotera si fermò un attimo a rifiatare sul ciglio della mulattiera, lasciando che un paio dei trecento li superassero.
- Falcone non è tempo di sofisticherie, si deve fare l’Italia!
- Non alzare la voce, ho capito...ma che hai?
L’altro stava scuotendo la testa.
- Non ci doveva essere alcuna esecuzione!
- Ma allora ti contraddici!
- No. - l’avvocato si avvicinò al giovane: - gli ho sparato in pieno petto, la pallottola si è ficcata nel bancone!
Falcone posò il calcio del moschetto nella polvere.
- Pensavo lo avessi solo ferito...ecco perché poi neanche la corda è servita, era già morto!
Un refolo di aria fresca passò sui visi accaldati dei due.
Nicotera si fece il segno della croce.
- Non dire castronerie Falcone! - e si rimise a marciare con il resto degli uomini.
- Ma come lo hai detto tu!
- Non ho detto niente, su andiamo, Padula è vicina.

Don Federico Romano li fece accompagnare nel proprio studio, una stanza col soffitto alto a cassettoni, tappezzerie e tappeti color senape.
L’ampia finestra era aperta sul piccolo terrazzino, dalla quale passava un po’ d’aria, che gonfiava le tende candide.
Dietro il tessuto leggero si intravedeva una figura imponente:
- Ne avete portati pochini, vedo!
- Don Federico, la vista vi sta abbandonando, a quanto pare!
Pisacane attraversò con pochi passi decisi la stanza ed abbracciò l’omone dai capelli grigi che gli andava incontro, aggirando una grossa scrivania di noce.
Don Federico si rivolse a Nicotera e ad altri due uomini con le barbe curate che erano con lui.
- Sedetevi, benvenuti!
Nicotera prese posto attorno alla scrivania.
- Signori plaudo al vostro coraggio e a quello del vostro comandante!
Pisacane si lisciava la barba.
- Ma vi devo avvertire che forse avete peccato di avventatezza!
Il comandante alzò lo sguardo verso Don Federico che continuò: - Siete determinati, ma gli uomini di Ferdinando dispongono di forze superiori.
- Ma noi abbiamo l’appoggio della Setta Padulese, vero?  disse Pisacane, alazatosi in piedi, a lato del massiccio ripiano di legno.
- Purtroppo i capimastri sono stati tutti arrestati nei giorni scorsi, stiamo appena iniziando a riorganizzarci.
- Non ci sono giovani volenterosi a Padula?
- Sì Carlo, ci sono, ma ora sono quasi tutti impegnati nella mietitura.
- È più importante un orto che la Patria, dunque?
- Non metterla su questo piano e comunque ribadisco che far scoppiare la rivolta adesso sarebbe avventato.
- Per i Borbone? - aveva parlato l’uomo accanto a Nicotera.
Prima di parlare Don Federico si asciugò con un fazzoletto una goccia di sudore sulla fronte candida.
- Beh sì, in un certo senso...
Dalla finestra giungevano i rumori degli uomini che preparavano il bivacco per la notte.
- La Setta di Padula non si occupa solo di politica, ma anche di filosofia, diciamo, non convenzionale.
Nicotera strinse il bracciolo della sedia.
- Da alcuni mesi stanno succedendo cose strane su alla Certosa ed hanno sicuramente a che fare con i Ciaurri di Ferdinando. Non se ne sono mai visti così tanti in paese, state attenti voi altri.
- Non saranno certo due o tre spie a fermarci! - disse Pisacane tornando a sedersi.
- Stanno trafficando con il diavolo e ne ho le prove.
Don Ferderico si allontanò dalla scrivania
- Seguitemi in cantina, così vi convincerete a desistere.


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